Malattia di Parkinson

Che cosa è la malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa progressiva del sistema nervoso centrale e periferico ad eziopatogenesi multifattoriale, caratterizzata da perdita di neuroni dopaminergici a livello della pars compacta della substantia nigra e dalla presenza dei corpi di Lewy, inclusioni citoplasmatiche contenenti α-sinucleina, a livello del tronco cerebrale.

Epidemiologia

Ad oggi rappresenta la seconda più comune malattia neurodegenerativa, dopo la malattia di Alzheimer. Nel 90% dei casi è considerata una malattia sporadica, ma nel restante 10%, soprattutto nelle forme ad esordio giovanile, è geneticamente determinata. I tassi di incidenza standardizzati riportati in letteratura sono compresi tra 4 e 20 ogni 100.000 persone all’anno e, nonostante il picco sia intorno ai 65 anni, il 5% dei pazienti ha un’età inferiore ai 50 anni. L’incidenza è massima tra i 70 e i 79 anni con valori stimati pari a 8-18 casi per 100.000 persone anno nella popolazione generale. Gli uomini sono colpiti con una maggiore frequenza rispetto alle donne con un rapporto di 3:2.

Quadro clinico

Il quadro clinico della Malattia di Parkinson presenta un andamento lentamente evolutivo. I sintomi iniziali possono essere di modesta entità e, talvolta, non immediatamente riconosciuti in quanto aspecifici o attribuiti a normali
alterazioni tipiche dell’invecchiamento. I segni e i sintomi motori possono essere preceduti da iposmia, alterazioni del sonno REM, depressione dell’umore e stipsi.

Sintomi

I principali sintomi della malattia sono rappresentati da bradicinesia, rigidità e tremore, cui si associano alterazioni della postura e dell’andatura. Nella maggior parte dei pazienti, l’esordio dei sintomi e dei segni motori interessa un solo lato del corpo per, poi, presentarsi negli anni anche lungo l’emilato controlaterale. La bradicinesia si caratterizza per l’incapacità da parte del paziente di pianificare l’inizio e l’esecuzione di un movimento. L’aumento del tempo richiesto ad iniziare un movimento volontario rappresenta la manifestazione principale dell’acinesia. L’ipocinesia, invece, denota la riduzione in ampiezza del movimento volontario. Si osserva, inoltre, un impoverimento dei movimenti spontanei, come quelli della mimica facciale o quelli che si associano ad atti motori quali i movimenti pendolari delle braccia durante la deambulazione.

La fase avanzata della Malattia di Parkinson

La rigidità è caratterizzata dall’aumento del tono muscolare degli arti e del capo rilevabile durante la mobilizzazione passiva. I muscoli facciali mostrano un’innaturale immobilità (faccia a maschera). I movimenti oculari spontanei sono infrequenti. La rigidità può essere associata, nelle fasi avanzate della patologia, a deformità posturali, che coinvolgono principalmente il collo e il tronco, quali la camptocormia, caratterizzata da abnorme flessione della colonna toraco-lombare o la sindrome di Pisa, caratterizzata, invece, da una marcata latero-deviazione del tronco.
Il tremore, con una frequenza da 4 a 6 scariche per secondo, rappresenta il movimento involontario caratteristico nella Malattia di Parkinson. Interessa le mani più di altre parti del corpo. Si osserva principalmente a riposo, è caratterizzato da movimenti ripetuti di supinazione-pronazione della mano e flesso estensione delle dita ed è soppresso durante l’esecuzione di movimenti volontari.
Nelle fasi avanzate di malattia si osserva un’instabilità posturale che rappresenta la causa principale di caduta nei pazienti con la malattia di Parkinson. Sono presenti, inoltre, deficit di natura cognitiva quali la riduzione del desiderio e della motivazione e la riduzione del tono dell’umore. La depressione, in particolare, può colpire fino al 40% dei pazienti. L’anedonia, ossia la perdita di piacere e di interesse nello svolgimento delle comuni attività, è spesso presente. È piuttosto frequente riscontrare la presenza di disturbi della minzione, ipotensione ortostatica e impotenza nell’uomo.

Diagnosi

Formulare una corretta diagnosi rappresenta il prerequisito fondamentale per la gestione clinica e terapeutica del paziente affetto da MP. Nonostante, infatti, le recenti acquisizioni genetiche e il notevole avanzamento nel campo della diagnostica per immagini, la diagnosi rimane prevalentemente clinica ed esiste, ancora oggi, un’elevata probabilità di diagnosi d’incertezza, considerando che questa viene riclassificata in una percentuale variabile tra il 10% e il 30% dei soggetti.

Trattamenti

Ad oggi non esiste un trattamento risolutivo in grado di arrestare la progressione della malattia. Le strategie terapeutiche adottate hanno, pertanto, un’efficacia sintomatica, mirata cioè al controllo dei sintomi senza interferire con il decorso della malattia. La scala di valutazione più utilizzata per descrivere la condizione funzionale globale del paziente al momento dell’osservazione clinica è la Unified Parkinson’s Disease Rating Scale (UPDRS). Il corso naturale della malattia definisce un quadro di progressiva disabilità motoria, perdita d’indipendenza, isolamento sociale e aumentato rischio di cadute e traumi causando importanti ripercussioni sulla qualità della vita e sui costi assistenziali. Un corretto approccio terapeutico, rappresenta, dunque, la giusta strategia per garantire al paziente con MP la possibilità di conservare un livello minimo di autonomia nell’esecuzione delle attività di vita quotidiana semplici e complesse anche nelle fasi più avanzate di malattia.

Per approfondire l'argomento

Per approfondire l’argomento leggi il relativo capitolo sul libro “Le Linee guida, buone pratiche ed evidenze scientifiche in Medicina Fisica e Riabilitativa – Primo Volume”.